Mio figlio prende brutti voti, non riesco a far finta di niente

Mio figlio prende brutti voti, non riesco a far finta di niente

Una mamma mi scrive: “Salve, ho scoperto che mio figlio sta prendendo tutte insufficienze, pertanto la possibilità che lo prendano all’università sta sfumando. Io non so più cosa fare, è davvero un peccato. Purtroppo far finta di niente è per me quasi impossibile”.

Certo, bisogna far qualcosa, altrimenti il ‘far finta di niente’ diventa una comunicazione a suo figlio di questo genere: ‘Sono indifferente, non mi importa di quello che fai’. No, ha ragione, non funziona e c’è il rischio che suo figlio possa cercare di ‘provocarvi’ di più, ad esempio studiando ancora meno, lasciandosi andare. Potrebbe pensare: ‘Vediamo se ora, così, si accorgono di me’. Quindi bisogna fare qualcosa. Che cosa? Il problema va affrontato con competenze nuove più efficaci in questi casi e con questa generazione di ragazzi. In due parole: far sentire loro che ci accorgiamo delle loro difficoltà, farli sentire capiti e rispettati, per poi affrontare il problema vero e proprio. Se cade nel classico rimprovero o fa leva su frasi di senso comune: “Dai, forza, reagisci” oppure “Perché non ci metti impegno?” non fa altro che convincere il ragazzo che l’atteggiamento che sta mantenendo, ‘lo studiare poco’, funziona; e quindi paradossalmente lo convince a non cambiare, a continuare a non studiare, poiché per lui non è conveniente cambiare: sta ottenendo l’attenzione dei genitori, cioè la vostra. Come vede, la richiesta di visibilità può essere gestita meglio dal genitore. Come ho già scritto altrove, i ragazzi non vivono in un vuoto mentale e sociale, dove esiste solo l’impegno per la scuola. Questa visione è frutto di una visione ideale: il mito del ‘bravo ragazzo’ sempre studioso, impeccabile, perfetto, che non si distrae, ecc. Mai incontrati ragazzi così. Io per primo, da studente, ho fatto un cammino talmente tortuoso che avrebbero dovuto inventare nuovi vocaboli per descriverlo. Il percorso lineare, pulito, senza ostacoli, perfetto non esiste. I nostri ragazzi vivono in contesti da cui sono sollecitati con domande, comportamenti, modi di essere… Sono sollecitati sia nelle emozioni che nel pensiero: dove sto andando?, che cosa sto facendo?, come esisto?, chi sono? che cosa sento?, ecc. L’interpretazione di queste domande e la ricerca del significato può far deviare i ragazzi sia dai modelli sia dalle loro stesse scelte iniziali. E per fortuna! Perché crescere vuol dire farsi abitare dai dubbi, dalle incertezze, senza le quali non impareremmo ad essere buoni ricercatori, futuri uomini capaci di tolleranza e comprensione verso noi stessi e gli altri. I dubbi, le difficoltà, le deviazioni ci assicurano che nostro figlio è vivo!

Da, Aldo Strisciullo, Nella mente dei ragazzi, in corso di pubblicazione

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