Antropologia del quotidiano

In questi ultimi tempi, l’idea di un universo controllabile è nuovamente venuta meno. Per molto tempo, la scienza ci ha abituato all’idea di un mondo positivo, misurabile e a portata d’uomo. Ma poi gli scienziati stessi, per una serie di coincidenze, hanno via via considerato che la realtà osservata è costruita da chi la osserva e che dunque è un fenomeno mentale costruito da ciascuno di noi. Tuttavia al livello di senso comune, resta l’illusione di un mondo oggettivo, controllabile e verificabile in tutto,

… Ma che cosa facciamo col mondo… Facciamo le stesse cose che fa un uomo da sempre, cioè interpretiamo, diamo valori alle cose, costruiamo con la mente realtà in cui esistere e abitare, trasformiamo la materia e così via, senza mai tornare indietro.

Ecco un’estratto a carattere antropologico: “L’uomo primitivo accende il modem e attende che si connetta. Poi, lento e soddisfatto, si sposta canticchiando verso la sala della sua dimora, adibita a soggiorno e ivi si siede a fissare lo schermo. E legge, si interessa, comunica, scrive, si emoziona. Si forma opinioni e si carica di immaginazione, quindi esce, frequenta qualcuno, parla, discute, lotta per le sue idee. Poi, arriva l’ora di pranzo e si avvia per una caccia virtuale del cibo. Non servono lance o asce, basta il polso della mano. Quindi mangia, chiacchiera ancora, si riposa, poi torna ancora a svolgere qualche mansione. È probabile che trovi anche il tempo per qualche funzione fisiologica. Alla sera, accende un’altra realtà virtuale che lo aiuta a sognare, la televisione, che migliaia di anni fa guardava in compagnia anche della famiglia, (cioè con una o due persone in più, di età o sesso diverso, che sedevano insieme a lui), in attesa di finire la giornata”… Quando si fa un po’ tardi, si sistema nel suo letto, attivando vari aggeggi per controllare il suo riposo (sveglie, programmi del sonno) e se è fortunato, senza troppi pensieri, si addormenta e inizia di nuovo, ancora a… sognare… 

E dunque? Dunque, il mondo è transitorio, fatto di fenomeni che si intrecciano, sfiorano, corrono in parallelo dando l’illusione dello scorrere del tempo. E noi, in questi fenomeni, anche noi transitori, ci accorgiamo poco del non-tempo presente, l’unico tempo degno d’attenzione. L’unico “stare per stare” in modo continuo e infinito con le emozioni, i sentimenti, le sensazioni, in cui avremmo la possibilità di scoprire, finalmente, che non c’è conoscenza, non c’è certezza o incertezza, non c’è novità o cosa vecchia o passata, o chissà cos’altro, se non fenomeni su fenomeni in cui, ad un certo punto, svanire anche noi come fenomeno. 

Aldo Strisciullo

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